Riforma lombarda: i dubbi di un economista

Riforma lombarda: i dubbi di un economista

In un articolo comparso su Sanità24, il prof Emanuele Vendramini avanza alcuni dubbi e mette in evidenza i nodi irrisolti della riforma lombarda. Di seguito il commento di Roberto Carlo Rossi (pubblicato il 4 settembre 2017 sempre su Sanità24):

Ho letto con estremo interesse l’articolo del professor Vendramini pubblicato su Sanità24 il 30 agosto scorso. Premetto che, oltre che ad occuparmi della materia da diverso tempo, ho partecipato (anche da discente) a numerosi seminari di approfondimento sulle delibere di “presa in carico” della cronicità in Lombardia.
In un caso, il meeting era organizzato dallo SDA Bocconi e in diverse occasioni erano presenti relatori provenienti dall’università commerciale meneghina. Ebbene, devo dire che gli economisti presentano sempre in maniera impietosa la situazione e quello che avverrà. Sottolineano sempre che il sistema per reggere deve esternalizzare il rischio d’impresa e clinico a fronte di costi standard per parte pubblica.
Ecco perché faccio mie tutte le perplessità avanzate, ancorché in maniera del tutto garbata, da Vendramini stesso. In buona sostanza, quello che si profila è un vero e proprio nuovo sistema di welfare, molto più simile ai sistemi Bismark o, nella peggiore delle ipotesi, al temutissimo sistema americano.
La Regione, conoscendo in maniera abbastanza dettagliata i costi delle malattie croniche un anno per l’altro, è in grado di delegare il servizio di presa in carico dei cronici a un provider/gestore esterno. Per rendere il tutto più friendly, è stato detto che il paziente potrà andare da un gestore fatto da una cooperativa di Mmg. Ma si tratta di una chimera, come acutamente osserva Vendramini. Infatti, i grandi gestori-erogatori (istituzioni private ed anche pubbliche di rilievo) avranno la possibilità di attrarre il malato cronico, in senso commerciale, molto di più di quanto non possa fare una piccola cooperativa di medici.
A prima vista si potrebbe anche pensare ad una rivoluzione benefica per il paziente, esattamente come il superamento dello negozietto sotto casa ha fatto fare passi avanti importanti al consumatore che non ha più il lattaio con cui chiacchierare, ma in compenso ha una varietà di prodotti a propria disposizione un tempo inimmaginabile.

Purtroppo in sanità le cose vanno un po’ diversamente. I percorsi (e i costi) sono già prefissati e il paziente riceverà un’assistenza standard per ogni tipo di patologia cronica già catalogata dal sistema. Il resto sarà marketing o out of pocket. Ovverosia, nel primo caso ci troveremo di fronte ad un gestore-erogatore che, per attrarre il cittadino-utente, lo invoglierà con offerte di pacchetti di diagnosi e cura gratuiti e nel secondo caso sarà il cittadino che, con un sistema assicurativo privato che sta già scaldando i motori, coprirà ciò che manca dall’assistenza pubblica. In questo senso ricordo che gli ultimi contratti di lavoro, invece che aumentare gli stipendi, mettono in campo denari per erogare prestazioni sanitarie ai lavoratori stessi.
Da ultimo la falsa illusione delle corsie preferenziali per quei pazienti che sceglieranno di mettersi in cura con un gestore o con un gestore-erogatore. Sorvolo sul fatto (grave) che il paziente dovrà adeguarsi in tutto e per tutto alle regole impostegli dal gestore e che questo ne limiterà irrimediabilmente la libertà di scelta.
L’elemento fondamentale è invece quello che ancora una volta mette a fuoco Vendramini: le prestazioni da eseguire aumenteranno se tutti i cronici dovessero essere affidati ai gestori; e allora altro che corsie preferenziali! I tempi di attesa diventerebbero biblici per tutti. Anche perché gli erogatori non assumono più medici da tempo e i Colleghi dell’ospedale devono farsi in quattro per stare dietro a tutte le attività di reparto e ambulatoriali.
Ancora una volta, salta fuori l’out of pocket: chi potrà permetterselo e/o chi avrà un buon contratto di lavoro salterà le file, con buona pace della “presa in carico” del paziente cronico. A questo punto ho una sola osservazione da fare: queste cose gli economisti e i politici devono andarle a dire a chiare lettere alla popolazione e non mostrarle solo nei seminari per gli addetti ai lavori!“.